FantaF1 : Risultati Belgio 2016

SPA-Francorchamps, una delle storiche università della formula 1.
In molti di voi avevano contato su una grande performance di Kimi, “the king of SPA”, in una rimonta di Hamilton che si sarebbe fermata attorno alla 6°-7° posizione e una solita gara scialba delle Force India.
E probabilmente così sarebbe andata…non fosse che la curva della source è ormai da anni il classico mazziere che prima di iniziare la partita da un’ultima mescolata al mazzo.
Vince Rosberg che saluta la compagna dopo metà del primo giro, lo segue Ricciardo che incasella il terzo podio consecutivo, con Hamilton a chiudere un podio per lui inaspettato.
Verstappen finisce fuori dalla top ten, cosa che in generale non ha penalizzato ne avvantaggiato nessuno visto che era stato inserito da tutti in classifica.
Entrambe le Force India e le Williams vanno a punti, fetta di torta che si prende anche Alonso, altra parte di previsione mancata da tutti.
Giro veloce e rimonta, neanche a dirlo, di Hammer-time Hamilton, che limita i danni partendo dall’ultima posizione.
Ma veniamo a noi con i risultati :
Vince ANTONINO SUGAMELI che porta a casa 25 punti importantissimi, che gli permettono di fare il grande salto che dal fondo lo porta sul gruppo dei primi 11…che ora sono 12.
Seguono il leader DOMENICO PICCIALLO e SAVERIO AMBROGIO a pari merito a dividersi i punti del secondo posto.
Ecco l’0rdine d’arrivo al completo :
ORDINE D'ARRIVO

Per quanto riguarda la classifica generale, per la prima volta dall’inizio del campionato, non c’è nessun cambio di posizioni tra i primi 3 sul podio.
Consolida la leadership DOMENICO PICCIALLO che aumenta il distacco su GIORGIO SANTOLINI di altri 7 punti portandosi a +11. Terzo RICCARDO FILIPPI che accusa un altro piccolo scivolone con il 10° posto rimediato, ponendosi a +19 dalla vetta.
Ecco la classifica generale al completo :
CLASSIFICA GENERALE

Ai piedi del podio MATTEO SIVIERO comanda il gruppo inseguitori che si mette a soli 5 punti dal gradino più basso, con ANTONINO SUGAMELI che come già detto si mette in coda a questo gruppo pronto a scalare altre posizioni.
A +20 da questo gruppo, un secondo gruppo è pronto a fare lo stesso salto di Antonino.
Pronti quindi con l’inizio di un nuovo weekend, in Italia, sulla pista di Monza a vedere se qualcuno oltre alle 2 Mercedes e Ricciardo sarà in grado di salire sul podio.
A tra poco quindi….e come sempre #staytuned #staysteering.

P.S. : come sempre i conti del caso disponibili qui : Calcoli FF1 Belgio

CAZZOTTI AMERICANI #EP5 : La strana storia dell’Erede.

Dicevamo…1974…
Anno della primissima chiamata con un telefono senza fili (cellulare, per gli amici), anno dell’uscita dell’ultimo film di Bruce Lee, “I tre dell’operazione drago”, prima della sua prematura dipartita, e poi ovviamente, l’evento chiave di quest’altro pezzo di storia; la Mustang II.
Dare un’erede alla già proclamata, regina delle Muscle car è un’impresa pressochè titanica.
Tantissima è la fama da eguagliare per restare sulla cresta dell’onda; la fama di un nome che come un lampo si è fatto sentire anche negli angoli più remoti della terra attraverso il grido dello spaventoso V8, per non parlare della classe e dello sharm di un’auto che era già leggenda.
E poi c’è lei, quella cavolo di Camaro…
Un progetto straordinario ma soprattutto molto più fresco, la degna rivale che ogni protagonista merita, giunta anch’essa al massimo della forma : la mangiatrice di Mustang infatti, non era mai stata così temibile.
Infine, come se non bastasse, la Challenger.
Coupè o cabrio che sia, risulta sempre in stile “sogno americano” che ogni giovane vorrebbe, un concentrato di eleganza e sportività che urla “U.S.A.”, capace ritagliarsi una fetta di mercato che di certo a Ford non sarebbe dispiaciuta.
Botte da orbi tra le tre, in un periodo tra i ’60 e i ’70 che solo ad immaginarlo quasi ti scende un lacrima per l’invidia.
Che sia il campionato Trans-Am o semplicemente due ragazzini pronti ad uno sparo sul rettifilo della Route 66, queste belve regalano emozioni come mai era successo prima.
LagunaSeca173tumblr_lbkgkkESbs1qdcd2wo1_500Campionato Trans-Am, Laguna Seca 1973, puro spettacolo.

Ecco, questo è tutto ciò a cui deve far fronte colei che si presta a prendere in mano le redini della regina, un peso colossale da sostenere, una supremazia da mantenere, il tutto all’alba di una crisi petrolifera che di lì a poco coglierà tutti di sorpresa.
Non si può sbagliare, la Mustang deve essere proiettata negli anni ’70 con lo stesso vigore con cui ha dominato il decennio precedente.
A questo punto della storia, riappare il nome di Lee Iacocca.
Lo ricordate giusto?
E’ l’uomo che 10 anni prima diede il via a tutto ciò di cui stiamo parlando, il padre della prima Mustang.
Quel giovane italo-americano che era stato tanto criticato per la sua idea di “pony car” ne ha fatta di strada dopo il successo della sua creatura, tanto che ormai nella casa dell’ovale è secondo solo allo stesso Henry Ford II.
Esatto, avete capito bene, Iacocca è ora il presidente della Ford.
L’imprenditore è convinto che per continuare a restare al vertice ci sia bisogno di una grande innovazione, soprattutto per quanto riguarda l’assemblaggio e la cura per i dettagli, forse l’unico tallone d’Achille di un progetto altrimenti perfetto.
E così si procede.
La Mustang II si presenta al pubblico con una linea molto sobria e simile a quella della madre, come tutti si sarebbero aspettati, e nasconde le sue sorprese sotto l’abito.
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La nuova uscita ricorda molto la prima serie, i consensi sull’estetica arrivano subito.

Ford estirpa alla radice il problema delle imperfezioni di telaio e assemblaggio partendo con un progetto completamente nuovo, nessun pianale preso in prestito o telai condivisi, la Mustang merita componenti pensati e realizzati esclusivamente per lei.
A tutto questo aggiungi quella giusta dose di presente che le è sempre mancata, videsi l’utilizzo per la prima volta del sistema metrico europeo in sostituzione a quello americano, le nuove sospensioni in grado di offrire una maggiore stabilità in curva e, finalmente, i benedetti freni a disco di serie.
Quindi : estetica ineccepibile con curve e dimensioni che sono un must che ha già fatto innamorare, studio su meccanica, componenti e un’attenzione nei dettagli mai vista.
La domanda, a noi del nuovo millennio, sorge spontanea…
Perchè mi ricordo così a malapena della Mustang II? Com’è che non riesco a collegarla in nessun modo al successo e alla fama dirompente come la prima serie? Dove possono aver mai sbagliato?
La risposta sta in un punto che, per questa volta, ho deciso di toccare per ultimo : i propulsori.
Eh già perchè dallo studio della nuova puledra di casa Ford nasce anche l’idea di ridimensionare l’esagerazione di cavalli che mano a mano si erano aggiunti, o per meglio dire incastrati, sotto il cofano.
Il risultato è un modello base con un quattro cilindri in linea da 2,3 litri seguito, per i più “audaci”, da un anonimo V6 da 2.8 litri preso dalla Ford Capri.
Certo, dal punto di vista di noi europei ottimizzatori di prestazioni sono tutto dire, ma se pensi che lì fuori se le danno di santa ragione con i 6000 benzina, che tu stesso sono 9 anni che non scendi sotto i 3 litri con i tuoi motori e che hai completamente tolto dal listino sua maestà V8, beh…che ti aspetti che succeda?
E’ il delirio.
Gli appassionati non vogliono nemmeno crederci ed è subito rivolta, non di quelle di periferia, di quelle che ti fanno capire in meno di cinque minuti che hai fatto l’erroraccio che non potevi permetterti, di quelle che ti fanno annunciare il giorno dopo con un comunicato stampa : “l’anno prossimo avrete il V8”.
Così è, se non fosse che l’auto è progettata per contenere la metà dei cilindri.
Tutto da rifare, e anche in fretta, prendendo dal garage la Ford Pinto per poi tenere pianale e telaio; prendi la carrozzeria metticela sopra, due giri di isolante quello buono e ci siamo.
Habemus V8! Un 4,9 litri da 142 cavalli.
Non uno dei mostri a cui ci avevano abituati ma insomma dai, per come si era partiti!
Come ulteriore omaggio, con le più sentite scuse, Ford ci regala la Cobra II, un remake aggressivo del modello che, pur relegata ai tre motori di cui abbiamo parlato, è e resta un’opera d’arte consegnata alla storia.
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Ford Mustang Cobra II. Non male vero?

La strana vicenda della Mustang II dura per 4 anni, il mandato più corto anche tra quelli a venire, e nonostante un inciampo iniziale di dimensioni bibliche la nuova di casa Ford se la cava bene.
Se ne vendono 400.000 all’anno, non i numeri della madre certo, ma nemmeno Michael Jackson ha più venduto come Thriller se ci pensate.
Forse il suo successo è dato in parte anche dall’inerzia della prima edizione, forse la macchina è riuscita con il cambio di rotta a conquistare anche un pubblico più anziano, la cosa certa è che quei due motori da due litri e rotti saranno la boa di salvataggio inaspettata dopo lo scoppio della crisi petrolifera americana di quell’anno.
Quella che cambia tutto, quella che mischia di nuovo le carte, quella che lascia uno dei tre con il culo per terra…

CAZZOTTI AMERICANI #EP4 : La chiameranno Bumblebee.

Dove eravamo rimasti? Ah già, dobbiamo continuare a parlare di quel 1970…
La Challenger ha fatto un debutto coi fiocchi, i vertici Ford e Chevrolet ne sono rimasti colpiti e, presi in contropiede, cominciano a tirare le rispettive somme.
La Mustang è vecchia ormai di 6 anni, la Camaro ne ha invece appena 3, tuttavia la puledra di casa Ford, grazie anche alla sua fama di “Madre”, continua a vendere di più.
Proprio per questo, dopo un triennio scenario di una scalata lampo al mercato, la Camaro, quella che lo staff GM aveva definito “animaletto feroce che divora i Mustang”, se ne va già in pensione.
Niente pause però, non si può certo lasciare gli altri due a dividersi da soli la torta.
Assistiamo quindi ad un cambio in panchina in pieno stile calcistico, arriva la Camaro II.
Appena sbarca ai concessionari la prima serie diventa subito storia, la nuova arrivata infatti è completamente diversa, nulla a che vedere nemmeno con l’aspetto fisico rispetto alla madre, una vera e propria rivoluzione.
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(Vista fronte e retro della Camaro II del 1970, il distacco dalla prima edizione e abissale)

E’ un azzardo in piena regola per la casa della croce; certo, la prima edizione non era stata in grado di rubare lo scettro alla regina, ma non era neanche passata inosservata, poteva continuare la sua storia con un restyling e chiudere la sua prima edizione a metà degli anni ’70 con una notevole mole di vendite.
Ma la Chevrolet vuole il trono.
La Camaro II è quindi, come già detto, un deciso cambio di rotta, le misure degli ingombri aumentano, sebbene le linee si facciano più snelle e sportive, rinunciando forse ad un po’ di classicità, ma a quanto pare la scelta paga.
La discendente è un successo, sbaraglia qualsiasi record di vendite precedentemente stabilito dalla Chevrolet, il nuovo progetto fa talmente paura, che Ford comincia a pensare che forse non è il caso di continuare a marciare sempre sulla stessa auto.
I motori fanno veramente drizzare il capelli : il piccolo della famiglia è già un 6 cilindri da 4.1 litri, giusto perchè c’è magari c’è qualcuno che vuole “risparmiare”, niente V6 per passare direttamente all’otto cilindri, sempre a V, in un escalation di andamento esponenziale che parte dai 5 litri e arriva fino al mostruoso 7.4 litri, con cui la Camaro torna nel pieno della rissa.
E poi c’è lei, la capobranco, sua Maestà Z28, con un motore LT-1 in grado di tirare fuori dal sacco ben 350 cavalli e una linea a dir poco fantastica.
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(La nuova Z28 e la bomba LT-1 che nasconde sotto il cofano)

La seconda Camaro è la prima delle 3 a beneficiare di un progetto quasi totalmente personale, niente parti prese o condivise con la Firebird questa volta, anzi, sarà proprio lei, più avanti, ad offrire parti all’ex donatrice.
Inoltre la Muscle aggiunge ai suoi punti di forza i soliti freni a disco di serie (per nulla scontati all’epoca) e un ottimo studio sul cambio, perfezionato e reso più preciso sia per il 4 marce manuale che per il 3 automatico.
La Chevrolet centra insomma l’obiettivo con un prepensionamento e una sostituzione che suonava tanto di “o la va o la spacca”, ma che a pensarci bene nasconde un progetto ponderato e curato, quasi a far pensare che la prima serie fosse solo un’anticipazione per cominciare a far conoscere quel nome, Camaro, che di li a poco sarebbe esploso.
Qualsiasi fosse il piano dei vertici GM il risultato è ben noto.
La nuova “divoratrice di Mustang” piace, i giovani ne sono letteralmente rapiti, la sua fama si espande ora al pari di quella della grande rivale e sarà tale da essere ripresentata ben 40 anni dopo, quando uscirà il film “Transformers”, in cui il giovane protagonista si innamora a prima vista del modello (del successivo restyling ad essere precisi), quasi a riproporre sul grande schermo una scena in voga tra i giovani di allora.
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(La prima Camaro del film Transformers è una seconda serie del ’77, successiva quindi ai restyling del ’74)

L’enorme successo di questo film farà quindi in modo che la nuova generazione torni a conoscere questo capolavoro di meccanica, ora sotto il nome di Bumblebee; ritornando invece al passato, giusto per andare con ordine, vi anticipo che questa generazione resterà sul mercato per ben 12 anni, un’eternità che fa ben capire che peso ha avuto quest’auto per Chevrolet, e soprattutto che bestia sia stata per le sue concorrenti.
Subirà anche un leggero restyling nel ’74, guarda caso un anno dopo l’uscita tanto attesa della Mustang II….ma questo è un altro capitolo…

CAZZOTTI AMERICANI #EP2 : il primo attacco alla corona

E’ il primo attacco alla corona, in arrivo proprio dalla principale concorrente Ford, la Chevrolet, che già dagli anni ’50 con la prima Corvette aveva conquistato il cuore di molti appassionati, ritagliandosi una fetta di mercato via via sempre più ampia.
Non certo l’ultima arrivata del gruppo insomma.
L’azienda del Michigan punta su una strategia di mercato ben precisa, molto diversa da quelle adottate fino a quel momento.
La Camaro infatti è in tutto e per tutto una diretta concorrente della Mustang, non serve certo un occhio di falco per notarlo : linee e motori simili, stessa trasmissione e posizione del propulsore…ma la Chevrolet decide di non darlo per sottinteso.
E’ una vera e propria dichiarazione di guerra, la Camaro viene presentata come “l’alternativa migliore della Mustang”, entra nella scena con rara prepotenza per condividere fin da subito quell’onda di successo che Iacocca aveva creato.
Inutile dire quanto funzionò.
Gli adolescenti americani avevano ora una scelta molto più ampia, nonché la straordinaria occasione di partecipare, scegliendo un partito, ad una sfida nazionale tra due colossi dell’automobile, club Mustang vs club Camaro.
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(Sam Posey con la Mustang e la Camaro nel ’68, quando la sfida contnuerà anche nei campionati Can-Am e Trans-Am)

Questo incrementa ancora vendite e prenotazioni, anche ad appannaggio di Ford intendiamoci, ma con l’uscita definitiva nei concessionari l’anno successivo della Camaro, la Mustang sperimenta il suo primo episodio di concorrenza.
La sua rivale era infatti comparsa sulla scena con un’arroganza superba, ma non in modo sciocco, perchè dietro a tutto quel polverone di parole che si era venuto a creare, c’era un ottimo prodotto di meccanica, figlio anche dello studio e della risoluzione dei difetti che la regina aveva presentato già nei primi anni di vita.
La Camaro è infatti un auto più stabile, con una maggiore reattività dello sterzo e in molte versioni presenta già i freni a disco di serie, insomma, molto più curata della spartana Mustang.
Anche lei però inizialmente ha pochi pezzi propri, molto arriva dalla Firebird, come in Ford presero dalla Falcon, e questo la avvicina ancora di più alla “madre”, ma non dimentichiamo la parola chiave di tutta questa storia : i cazzotti.
Il primo, ben assestato, da parte della Chevrolet arriva con i propulsori.
Enormi, sfacciati, tutto muscoli e bevute; il più piccolino, il 6 cilindri in linea, è un 4 litri, solo 700 cc in meno del top gamma Ford, e sfodera 152 cavalli, mentre poi c’è il V8, un per niente sobrio 6.5 litri da 420 cavalli. Dei mostri.
La tensione in Ford è palpabile e si tenta subito la reazione con l’invenzione del Big Block, un V8 6,4 litri derivato dalla Thunderbird in grado di sprigionare 320 cavalli, motore che con il passare del tempo, come ben sappiamo, diventerà un Must della casa americana.
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(Da sinistra : il poderoso 6.5 litri Chevrolet e il V8 Big Block Ford da 6.4 litri)

Ma la Camaro è maledettamente pronta ad ogni evenienza, nel ’69 è già pronto il primo restyling, una sottospecie di “o la va o la spacca” che non bada a spese.
Nuovi motori e telai, sempre più optionals e un look ancora più aggressivo, dopo soli 2 anni di vita la pupilla Chevrolet offre già 20 differenti versioni tra cui dei modelli che vengono particolarmente curati per diventare i portabandiera del modello.
Ci sono la COPO 427 e la YENKO, le due bestie che adottano niente di meno che un Big Block (dove ho già sentito questa sigla?) rivisto in quanto a potenza portandolo a 7 litri e 425 cavalli; e poi c’è la Z28, la bella, fornita di un 4.9 litri da 290 cavalli, 4 freni a disco e servosterzo di serie.
La Ford capisce che per controbattere deve giocare con le stesse armi di Chevrolet e anche lei si concentra su un modello che dovrà essere un icona della Mustang : nasce la BOSS 429.
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(La Camaro Z28 e la Mustang Boss 429, sfida anche alla linea più aggressiva)

Dopo il ’69 la situazione ricomincia a stabilizzarsi, si creano dei nuovi equilibri e si possono tirare delle nuove somme : la Camaro è stata arrogante, anche un po’ copiona, ma forse era l’unico modo per emergere dall’ombra di un colosso come la Mustang, senza contare che senza questa avversaria, nemmeno la madre delle pony car avrebbe avuto certe evoluzioni, mosse dallo spirito di competizione con Chevrolet.
Parlando di numeri, il restyling Camaro del ’69 conta 240mila unità nel primo anno di vita, la Mustang 5 milioni nei primi 5 anni, i numeri vanno ancora a favore di Ford, ma la Chevrolet ha lanciato in soli due anni un prodotto in grado di reggere con classe il confronto.
Tutti aspettano ora gli eventi del 1970, i nuovi attacchi, i cazzotti, della Camaro e i contrattacchi della regina.
Quello a cui forse nessuno pensa è un terzo concorrente.
Già, perchè agli inizi del 1970, la prima mossa la fa la Dodge, che se ne esce con la Challenger…

STEERING REVIEW #8 : VOLKSWAGEN GOLF R400

E’ sempre un piacere parlare delle 2 volumi super pompate, un’arte nata anni orsono, letteralmente esplosa con le “bare” anni 90, che ha sempre avuto un enorme seguito.
Oggi, dopo aver parlato ampiamente di Civic Type-R e Focus RS, torniamo in Europa, più precisamente in Germania, con la Golf R400, che il concetto di bara sembra addirittura volerlo superare.
La R400 venne presentata già un anno fa a Pechino e, già dalla prima scheda tecnica emessa, si presentava come un progetto esagerato, forse anche troppo, tanto da passare immediatamente in secondo piano in quanto ritenuta prettamente concept.
Inutile dirvi lo stupore generale quando, 5 giorni fa, Heinz-Jacob Neusser (responsabile motori VW) ha dichiarato l’entrata in produzione di questa Golf per il 2016.
Ma vediamo di spiegare perchè quest’auto si presenta in modo così straordinario.
Innanzitutto questa sarà la Golf di serie più veloce mai prodotta, appartenente alla divisione R, come ci suggerisce la prima parte del nome, con ben 400 cavalli, come ci suggerisce la seconda.
Esatto, 400 cavalli su una Golf, 40 in più di quel missile terra-aria che spacciano in giro con il nome di Classe A45 AMG : come vedremo infatti, sembra destinata a far terra bruciata su tutta la concorrenza, non solo Mercedes e non solo tedesca.
I 400 cavalli saranno erogati da un propulsore 2.0 litri TSI, lo stesso visto nell’audi TT420 concept, accompagnati da un’immancabile trazione integrale 4motion che permetterà a questo razzo di scaricare a terra uno 0-100 in 3.9 secondi (stimati).
Mezzo secondo abbondante in meno delle cugine A45 AMG, Serie1 M e RS3, prestazioni da supercar, senza contare che, essendo un motore derivato dalla TT420, i cavalli potrebbero anche essere 20 in più (quindi R420).
Se ci penso fatico a capire se sia audacia o follia.
Mancano ancora specifiche riguardanti assetto e sospensioni, principalmente perchè il progetto è ancora in fase di sviluppo, intanto ci accontentiamo di notare un’estetica che per la Golf è la più aggressiva mai vista.
Doppio scarico centrale, cerchi per 20” se non superiore e prese d’aria anteriori e posteriori esagerate sono solo alcuni dei tratti caratteristici (forse ispirati anche alla polo WRC) che contraddistinguono questa bestia.
Il progetto è quindi reale e, in termini di prestazioni, pronto a far piazza pulita di qualsiasi casa non riuscirà a correre ai ripari entro il prossimo anno.
Il prezzo? 40.000 sterline (50.000 euro) : 8.000 in più della R e 13.000 in più della GTI.

Fate i vostri conti.

STEERING REVIEW #7 : LANCIA STRATOS by Hansen ART e BOLDRIDE

Non fai nemmeno in tempo a finire una recensione sul nuovo progetto Delta, un’impresa già da sola in grado di farti parlare per giorni, che dall’America rincarano la dose e rispolverano la sua antenata.
Signore e signori, oggi si parla della Stratos.
Qualche settimana fa infatti, il sito di motori americano Boldride (http://www.boldride.com/) ha letteralmente lanciato una bomba nel web, che ha girato il mondo con una rapidità a dir poco assurda e ha fatto conoscere a milioni di persone un’idea che è tanto audace, quanto comunque realizzabile.
Ciò che fa piacere scoprire è che l’America non è che la rampa di lancio di un progetto che, ancora una volta, parla italiano.
La base dell’idea è infatti data dal design della scocca ideato dall’azienda milanese Hansen ART (http://www.hansenart.it/); per quanto io debba essere obiettivo, c’è da dire che in quanto a stile e idee siamo ancora in grado di fare la voce grossa.
Le linee sono un ottimo compromesso tra moderno e retrò, con delle forme base che ovviamente si rifanno all’antenata, da cui riprende anche i particolari più celebri come i gruppi ottici posteriori, insomma quello che tutti definiremmo un ottimo remake.
Fin qui tutto ok, rendering in questo periodo dell’anno ne girano a bizzeffe, ma poi, passato lo shock dato da quella dolce vista, ci si rende conto che il sito americano, oltre alle foto, pubblicizza anche un’idea di telaio e meccanica.
E qui prende forma il sogno.
Nel progetto si propone di usare come base un altro pezzo italiano, l’Alfa Romeo 4C, la sportiva superleggera che al Nurburgring è riuscita ad uguagliare il tempo sul giro di un mostro come l’Audi R8 V8.
Per questi e per molti altri motivi, tra cui la somiglianza nelle dimensioni, i ragazzi di Boldride descrivono l’italiana come un “perfect place for Lancia to start”, (un ottimo punto di partenza per Lancia), lanciando così una frecciatina al gruppo FCA…non ci resta che sperare almeno in una presa visione.
Se per telaio e piattaforma si punta alla condivisione con Alfa, per motore e meccaniche la faccenda cambia.
Nostalgici…tenetevi forte.
Per il propulsore ecco che salta fuori la parola V6, un motore 3.6 litri da 350 cavalli, abbinato ad un cambio manuale e alla cara vecchia trazione posteriore. Parlavamo di remake no?
L’idea per ora resta così, in quel limbo di sogno e realizzabilità che tanto fa sperare.
Sperare che qualcuno prenda sotto ala il progetto, come successo con la Delta, e faccia sognare ancora tutti.
Certo è che per ora, sperare che questo qualcuno sia proprio Lancia è alquanto utopico.
Intanto restiamo in stallo così, con questi fantastici rendering della Stratos del futuro che, giusto per aumentare la fomentazione, veste la storica livrea Alitalia.
E’ un periodo che nonostante crisi e monopoli nel mondo dell’auto, fa sperare sia i piccoli imprenditori italiani, sia in una rinascita del marchio Lancia data dal sempre maggiore clamore di fans e appassionati.
Intanto tra la Delta in costruzione e questa Stratos che gira il web come un fulmine, hanno ripreso a farsi vedere anche i rendering della Lancia Fulvia HF…ma questa è un’altra storia.

-william

STEERING REVIEW #6 : EVOLUZIONE GT

Era il 30 Marzo 2014 quando, navigando in internet, incrociai la strada di una foto che vagava in rete.
Mi suscitò subito un’enorme curiosità e fu così che, cercando informazioni a riguardo, capii che si trattava di un rendering automobilistico, uno dei primi di quel modello, che il designer italiano Angelo Granata aveva creato e diffuso in quell’enorme mondo parallelo che è il web e che aveva già cominciato a far parlare di se.
Tutti infatti potevano distinguere nelle forme di quel moderno progetto di auto, le linee di uno dei più grandi simboli dell’automobilismo italiano : La Lancia Delta.
Ricordo quei mesi in particolare come alcuni dei più prolifici in quanto a disegno futuristico e rendering.
Per citare i più noti, assieme a quella Delta avevano cominciato anche a girare i primi bozzetti non ufficiali della nuova 124, della nuova berlina di casa Alfa da parte di Pawel Zarecki (entrambe ora in fase di realizzazione) nonché il rendering, altrettanto straordinario, di una possibile nuova Fiat 126 ad opera di David Obendorfer (idea che purtroppo si è spenta sempre più).
In un periodo del genere, in cui era l’immaginazione a farla da padrona, era difficile pensare che un progetto così ambizioso sarebbe mai decollato, ma decisi comunque di condividere l’immagine sulla pagina e, spinto più da un sogno che dell’oggettività che la situazione richiedeva, scrissi in descrizione una frase :”E se uscisse sul serio?”.
A quasi un anno di distanza, dopo numerosi apprezzamenti, accompagnati però da altrettanti rifiuti, la voce di Granata giunge fino ad Enrico Cerfeda, grande appassionato di motorsport e anche di Delta, che decide di contattare il giovane designer e cominciare assieme a lui una collaborazione che ha trasformato quella semplice immagine in un progetto vero e proprio, che vede ufficialmente la luce lo scorso 14 Febbario : data di nascita della Evoluzione GT.
Evoluzione GT è un progetto 100% made in italy che ha riunito diverse aziende specializzate, le quali stanno ora collaborando alla realizzazione del primo modello in scala reale dell’idea che, partita da Granata, è stata poi migliorata ancor più da Cerfeda per quanto riguarda soprattutto le caratteristiche tecniche.
Se l’aspetto esterno è quello della tanto amata Delta, dentro la macchina presenta un concentrato di tecnologia unico nel suo genere, pronto a far battere il cuore di molti appassionati e non.
Tutto parte da un autotelaio collaudato, che diventa una base perfetta per tutti i componenti che saranno creati su misura per l’auto secondo le specifiche degli ingegneri, una componentistica veramente particolare.
Cominciamo con il motore che sarà molto probabilmente un 5 cilindri da 2 litri di derivazione Fiat, che con un totale di 20 valvole si stima svilupperà 350 cavalli a 6500 g/m, affiancato da un turbocompressore, accoppiato ad una centralina, mappata in modo da non rinunciare troppo alla resa ai bassi giri.
I pistoni verranno costruiti con specifiche particolari, mentre le bielle saranno in titanio ricavate dal pieno, materiale che assicura un’elevata robustezza del motore, nonché leggerezza.
Parlando invece di pezzi come l’albero motore e le valvole si può capire veramente quali siano le aspettative per la Evoluzione GT.
L’albero sarà infatti ricavato da lavorazioni a controllo numerico altamente specializzate, inoltre sarà trattato superficialmente in modo da evitare rotture date dalle troppe sollecitazioni, mentre per le valvole la scelta si sta orientando sul Berillio, materiale in grado di sopportare alte temperature ed elevate pressioni derivanti dal turbo.
Si può certamente pronosticare che se questi sono i componenti richiesti, l’auto avrà molti muscoli da mostrare.
Tornando alle certezze e introducendo un po’ di numeri, lo 0-100 è stimato si 4,8 secondi, mentre per la coppia si parla di 380Nm (numeri ovviamente da rivedere).
Per il cambio si parla di un 5/6 rapporti con una frizione a multidisco e volano alleggerito ricavato dal pieno come le bielle, mentre per la trazione non ci sono stati dubbi : integrale.
Si tratta però di una 4X4 diversa da come la conosciamo.
Sui mozzi delle ruote posteriori saranno posizionati dei motori a magneti permanenti indipendenti controllati da centraline elettroniche dedicate, che forniranno la giusta potenza al posteriore analizzando i dati sul terreno ricavati dai sensori posti sulle quattro ruote.
L’energia sarà fornita ovviamente da un generatore collegato al motore, ma questa nuova tecnologia permetterà il massimo risultato con il minimo sfruttamento del propulsore.
Infine la Evoluzione GT è (e deve essere) anche ambiente, quindi per farlo il team si è valso della collaborazione di Lorenzo Errico della Hydromoving.
Questa azienda ha lanciato un brevetto (senza precedenti) basato sul sistema di alimentazione definito “Brown’s gas”, che permette di separare l’acqua in una miscela di idrogeno e ossigeno in stato gassoso, che esplode a 530°, o ad alte pressioni, aumentando e massimizzando la combustione, garantendo massime prestazioni e minime emissioni.
Infine c’è l’estetica.
Il lavoro già ottimo di Granata è stato perfezionato fino a raggiungere un’ottima armonia fra elementi anni ottanta e quelli invece più moderni, le parole servono ben poco, lasciamo spazio anche ali occhi.
Altra nota tutta italiana i cerchi che saranno proposti dall’azienda nostrana Cinel Forged Wheels; le misure? 235/45/R19!
Non si può chiudere questa recensione se non con la speranza che, una volta uscito il primo modello in scala reale, la reazione del pubblico sia forte e attiri l’attenzione di chi ha i mezzi per la produzione in larga scala.
Intanto si è già raggiunto l’accordo con la Fluidocorse per creare un modello che (già deciso) correrà nel campionato di gare in salita CVM, chissà, forse la rivedremo anche nel WRC in tenuta Martini.
Sognare non costa niente, Angelo Granata l’ha fatto.

Voto steering : 9 (un po’ di patriottismo non guasta).

-william

Fonti : Elaborare (numero febbraio 2015)
Evoluzione GT (facebook page)

STEERING REVIEW #5 : FOCUS RS e CIVIC TYPE-R

Negli ultimi anni l’europa ha dato il natale a molti modelli 2 volumi e immancabilmente alle loro versioni “supersport”, VW Golf R, Mercedes A45, Audi RS3, Megane RS, senza dimenticare le nostre Abarth e Quadrifoglio.
In tutto questo piacevole miscuglio motoristico mancavano però da qualche anno le voci forti di Ford e Honda, di America e Giappone.
Hanno annunciato il loro ritorno in scena verso la fine del 2015 e lo faranno con le nuove versioni di due cavalli di battaglia del settore : FORD FOCUS RS e HONDA CIVIC TYPE R.
Analizziamo di pari passo questi due nuovi modelli, pronti come non mai a fare il giro del mondo.

1) STORIA
L’ultima generazione Focus RS vede la luce nel 2008 e diventa subito un’icona.
Il suo verde “ultimate green” diventò a dir poco famoso e il motore turbo 2.5l da 305 cavalli spingeva i suoi 1467 chili da 0 a 100 in 5,9 secondi (battuti poi dalla RS500).
La scelta della trazione anteriore, che sarebbe potuto essere un problema per la messa a terra di tutta quella potenza, venne integrata con delle sospensioni RevoKnuckle, che permettevano di ridurre l’offset dello sterzo.
L’ultima Civic R è invece del 2007 e per quanto il motore K20A aspirato da 2.2 litri e 260 cavalli, fosse meno potente del rivale americano, il suo peso di 200 chili minore le permise comunque di mettere su strada un ottimo 6.2 secondi da 0 a 100.
La loro quindi non è una sfida tutta nuova, come d’altronde non lo è nemmeno quella con le europee.

2) MOTORI
La Focus adotta lo stesso 4 cilindri della Mustang appena uscita, rivisto nel turbo e nella larghezza degli scarichi.
Il propulsore è quindi un 2.3 litri che sviluppa 316 cavalli a 6.800 giri e include la medesima sigla “ecoboost”, che fa tanto bene il suo dovere di marketing, quanto male ai timpani nel sentirla nel nome di un motore del genere.
Infine con turbine ed intercooler maggiorati, con una gestione dei flussi ottimizzata, questa terza generazione si attesta come la più potente di sempre.
Stessa storia per la Civic, il K20A viene sostituito con il Turbo VTEC a iniezione diretta da 2 litri secchi.
I dati sui cavalli non sono ancora ufficiali ma parecchie voci parlano di 300cv, la stessa Honda attesta 270km/h di massima, informazione che confermerebbe questi presentimenti.
Anche per la giapponese si parla, come per la rivale, della più potente della specie.
La differenza di cavalli sembra quindi essere minima, cosa che permetterebbe alla Civic di essere di nuovo sullo stesso piano della RS, visto che invece, questa volta, lo scarto di peso sembra essere minimo.
Confronto prestazionale a parte, anche queste auto sono la conferma della tendenza all’abbandono degli aspirati, sostituiti dai compressi che permettono di abbassare la cilindrata e i consumi aumentando la potenza, speriamo però che il sound dei motori tradizionali non diventi un vago ricordo.

3) MECCANICA ED ELETTRONICA
Per la Focus abbiamo un rivoluzione.
La tradizionale trazione anteriore, che aveva obbligato gli ingegneri a complicate soluzioni per le sospensioni, viene scavalcata da un 4×4 “ford all wheel drive”, era dei tempi della Escort che non si vedeva una RS integrale.
Il cambio invece è un 6 marcie a leva corta con doppia frizione, rigorosamente Manuale (la “m” maiuscola è voluta).
Il differenziale centrale è in grado di inviare fino al 70% della coppia al posteriore in modo da garantire un’esperienza di guida più divertente, (basti vedere l’entrata di traverso di Ken Block alla presentazione), mentre la boccole e le barre antirollio sono ancora più rigide rispetto alla sorellina ST.
La RS si dimostra anche un’auto capace di grande tenuta grazie al “Dynamic Torque Vectoring”, gestore di coppia che riduce il sottosterzo indirizzando fino al 100% della potenza alla ruota posteriore esterna in curva, e ad un servosterzo elettrico ricalibrato; Ford assicura aderenza su spinta laterale anche maggiore di 1G.
La Civic resta invece sulla trazione anteriore e la messa a terra ottimale su sole due ruote è garantita da un braccetto di sterzo ottimizzato, capace di ridurre i ritorni di coppia sul volante, fastidiose vibrazioni e tremolii quando si ricerca la massima coppia in accelerazione.
Anche qui il cambio è un 6 marcie, anche qui un doppia frizione, anche qui Manuale.
Per ultime le sospensioni, definite adattive, su cui è stato fatto un ottimo sviluppo intento a far sfrecciare la Type R nelle più svariate condizioni ambientali e di fondo stradale.
Le due quindi risultano molto diverse a parte per il particolare del cambio, scelta a mio parere azzecata per garantire un’esperienza di guida completa.

4) SPORT MOD.
Per entrambi modelli abbiamo due diversi settaggi dell’automobile.
Per la Ford abbiamo la modalità pista, mentre per la Honda abbiamo il tasto R+, entrambi agenti su mappatura, sospensioni e tempi di risposta, in modo da avere due auto in una : una per andare al supermercato e una per fare le rotonde come al tabaccaio di Montecarlo.

5) ASPETTO
Nell’americana l’estetica diventa ancora più grintosa, aggressiva, nonché ovviamente funzionale ad aerodinamica e flussi di raffreddamento.
Della Focus di base, la RS mantiene forse solo i gruppi ottici anteriori, mentre tutto il resto è pompato come non mai.
Griglia anteriore maggiorata per dare più impatto visivo, nonché un maggiore flusso d’aria al motore, splitter anteriore, ampio spoiler e diffusore posteriore che riducono la resistenza aerodinamica, il tutto contornato da assetto ribassato e doppio terminale.
Per le gomme le misure sono 235/35 R19 e Ford mette sul piatto anche gli pneumatici ufficiali Michelin pilot super sport.
Infine anche gli interni sono creati con cura per i dettagli, con pedaliere e battitacco in alluminio, schermo touch da 8 pollici e sedili sportivi Recaro, niente è lasciato al caso.
La RS sarà disponibile in blu elettrico, grigio, bianco e nero, ci lascia quindi l’ultimate green ma torna prepotente il blu che aveva lanciato la prima generazione.
Stessa concezione estetica per la giapponese che decide di ossigenare il motore attraverso enormi prese d’aria mentre anche per l’aerodinamica Honda si è data da fare.
Fondo piatto e diffusore di coda a 4 canali dialogano con un esagerato (non è una critica) alettone posteriore che integra anche i fari posteriori.
Doppio terminale anche per la Civic, che risulta uguale alla Focus anche per la scelta delle coperture (235/35 R19) che sono circondate da enormi passaruota e sfoghi d’aria.
Schermo touch da 7 pollici per la Civic, che per lo schermo perde la gara del “chi ce l’ha più grosso”.

Due auto molto simili e contemporaneamente molto diverse, pronte a darsi battaglia in ogni mercato (la Focus prepara lo sbarco in Europa mentre la Civic apre gli stabilimenti in Ohio), dare un voto è difficile in quanto in un settore con prototipi così simili, gran parte della decisione la fa il cuore, appartenente alla casa o al modello.
Cercando di mantenere una certa obiettività, e aspettando le prove su strada atte ad evidenziare i difetti che i dati ovviamente non dicono, penso che il 4×4 metta forse la Focus su un piano prestazionale superiore quindi :

Voto steering : Focus 8,5
Civic 8